La marcatura CE

UNA GARANZIA EUROPEA DI QUALITA' E SICUREZZA

La marcatura CE è il fondamentale e obbligatorio collegamento fra la certificazione dei sistemi di gestione per la qualità (es. ISO 9001 e ISO 13485) e i requisiti essenziali di sicurezza dei prodotti.   Per dimostrare la conformità ai requisiti essenziali di sicurezza delle diverse direttive tecniche, spesso è richiesta l’apposizione della marcatura CE. Quando prevista, la marcatura è una sigla che deve, in ogni caso, essere apposta in modo visibile e indelebile. Risulta, infatti, lo strumento per comunicare agli utilizzatori che quel prodotto rispetta i requisiti essenziali di sicurezza (cogenti) contenuti nella direttiva di riferimento. La marcatura CE è la sola che può attestare la conformità ai requisiti cogenti prescritti dalle direttive. La marcatura deve essere apposta sul prodotto o, quando le caratteristiche del prodotto non lo permettano, e a condizione che la direttiva lo preveda (es. per i giocattoli), la marcatura può essere apposta sull'eventuale imballaggio o sui documenti che accompagnano il prodotto. Secondo la sua natura, un prodotto può essere soggetto a requisiti di più direttive. Si consideri ad esempio un impianto di automazione industriale; questo può essere soggetto alla direttiva macchine, compatibilità elettromagnetica e materiale elettrico di bassa tensione. La marcatura CE può, ovviamente, coesistere con altri marchi volontari di conformità (es. IMQ, TÜV, etc.). Attenzione, però, che l’unica conformità cogente europea è quella CE; le restanti sono richieste fatte da specifici mercati o clienti. Ai fini dell’ottenimento di uno schema che sia chiaro ed uniforme in tutti gli stati membri, la Commissione Comunitaria ha introdotto una serie di percorsi per la certificazione della conformità ai requisiti delle direttive tecniche. Tali percorsi sono noti come approccio modulare e sono contenuti a loro volta in una direttiva (93/465). Le direttive sopra elencate ricalcano questo approccio e vengono così identificate come direttive nuovo approccio. Secondo la direttiva 93/465 i percorsi di certificazione sono suddivisi in diversi moduli, i quali possono essere composti secondo la pericolosità e tipologia del prodotto.

Semplificando i percorsi ai quali i moduli portano, si può affermare che, quando il prodotto non è pericoloso e/o complesso, il fabbricante, effettua l'analisi tecnica dei rischi del prodotto (prima dell'immissione sul mercato), redige un fascicolo tecnico ed un manuale di uso e manutenzione per l'utilizzatore e si autodichiara conforme alla direttive (o direttive). Il fabbricante immette sul mercato, quindi, i prodotti dotati della identificazione CE e accompagnati da una dichiarazione formale di conformità (percorso del Modulo A).

Nel caso, invece, di prodotti pericolosi e/o complessi, occorre la certificazione del tipo (prototipo di prodotto) da parte di un organismo notificato (percorso del Modulo B). L'organismo rilascia un certificato di conformità solo al prototipo, dopodiché è il fabbricante che deve garantire che i successivi prodotti (se ci sono) sono conformi al prototipo.

Ecco quindi che, secondo il prodotto, la direttiva può prevedere che l'organismo:

  • verifichi con intervalli casuali i prodotti immessi sul mercato (Modulo B+C);
  • verifichi (non certifichi) il sistema di gestione per la qualità ISO 9001 dell'organizzazione nei processi di fabbricazione, controllo e prove finali (Modulo B+D), escludendo quindi progettazione e sviluppo;
  • verifichi (non certifichi) il sistema di gestione per la qualità ISO 9001 dell'organizzazione nei soli processi di controllo e prove finali (Modulo B+E)
  • verifichi (non certifichi) il sistema di gestione per la qualità ISO 9001 dell'organizzazione nei processi di progettazione, fabbricazione, controllo e prove finali (Modulo B+H), quindi senza esclusione alcuna;
  • verifichi ogni esemplare di prodotto dell'organizzazione, o su base statistica definita, prima dell'immissione sul mercato (Modulo B+F).

Nel caso di esemplare unico di prodotto (esempio grossi impianti industriali su commessa), vale sostanzialmente il modulo B, che si compone con uno specifico modulo, il G. Ogni direttiva tecnica del tipo nuovo approccio indica specificamente quali fra gli otto moduli e loro combinazioni debbano essere utilizzate dal fabbricante. L'organizzazione, individuato il proprio percorso cogente, può, in ogni modo, scegliere volontariamente percorsi più restrittivi. Ad esempio, se un'organizzazione ricade nel percorso Modulo A di auto dichiarazione, può però utilizzare i moduli B+C. In questo modo l'organizzazione è maggiormente garantita della conformità ai requisiti essenziali e, fra l'altro, dal punto di vista legale, condivide la responsabilità con l'organismo notificato. Molte organizzazioni che ricadano, invece, nel percorso modulo B+F, preferiscono i moduli B+D o B+H per questioni economiche; spesso, infatti, costa meno far verificare il proprio sistema di gestione per la qualità periodicamente, piuttosto che far controllare uno ad uno o statisticamente i prodotti. Da notare che i percorsi B+E, B+D o B+H, non richiedono all'organizzazione di ottenere un certificato di conformità ISO 9001; il sistema deve essere verificato - approvato. Considerando che la verifica periodica di un sistema ha dei costi per l'organizzazione e che, in ogni caso, i costi più alti sono quelli per la sua realizzazione e miglioramento, tante vale utilizzare un organismo notificato che sia al tempo stesso ente terzo accreditato per certificare ISO 9001. In questo modo la verifica prevista dalle direttive si trasforma in una vera e propria certificazione di conformità ISO 9001. Gli organismi notificati, come già visto, sono enti terzi accreditati dai Ministeri che possiedono requisiti, ancora una volta, fissati all’interno della direttiva tecnica di prodotto. Sono notificati alla Comunità Europea dai vari stati membri sotto la propria responsabilità e l'organizzazione può utilizzare anche organismi notificati esteri. Va da sé, che anche nei percorsi dove è coinvolto l'organismo, l'organizzazione deve redigere il fascicolo tecnico e il manuale di uso e manutenzione. Il primo rimane all'interno dell'organizzazione, per almeno dieci anni, a disposizione delle autorità di controllo, il secondo è ovviamente consegnato con il prodotto in formati diversi (per prodotti semplici possono bastare istruzioni di uso sulla confezione del prodotto stesso).

Un buon fascicolo tecnico, solitamente:

  • nasce come uscita dalla progettazione e sviluppo;
  • contiene un'accurata analisi dei rischi per l'utilizzatore (es. FMEA, FTA);
  • contiene le azioni correttive di progetto o processo produttivo per contenere od eliminare i rischi;
  • contiene la descrizione tecnica del prodotto e del processo di produzione;
  • è un documento controllato passibile di modifiche.

Il manuale di uso e manutenzione, invece:

  • deve essere redatto in modo chiaro, senza ambiguità, facendo largo uso di avvertenze iconiche;
  • deve contenere avvertenze ed espliciti divieti per l'utilizzatore al fine di evitare rischi;
  • deve delimitare lo scopo ed applicazione del prodotto;
  • deve essere redatto nelle lingue dei possibili utilizzatori.

Si evince, quindi che, in dipendenza dal tipo di prodotto la qualità cogente può avvicinarsi, in parte, all’assicurazione qualità o addirittura alla gestione per la qualità; il percorso del modulo B+H è rappresentativo. Lo scenario è talmente vario che si possono avere prodotti, quali i dispositivi medicali impiantabili, o i farmaceutici, dove di fatto occorre un completo sistema di gestione per la qualità ISO 9001. Oppure un giocattolo di stoffa, dove basta la preparazione di un fascicolo tecnico e di istruzioni per l'uso con adeguata risoluzione - documentazione delle componenti di rischio.



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